Hotel Esplanade

Sono stato ospite di questa imponente struttura in occasione di un convegno di lavoro. La posizione è invidiabile, fronte mare e a poche centinaia di metri dalla stazione ferroviaria. Purtroppo, esternamente, lo stato dell'edificio è piuttosto trascurato, quasi un fantasma dei fasti del passato. Le camere spaziose hanno la moquette piuttosto lisa e segnata da macchie, gli infissi piuttosto vetusti, con le tapparelle non sempre funzionanti. L'arredamento è stile vintage, ma in stato decoroso, il bagno con la vasca, priva di una vetrata impermeabile e stagna. Gli ambienti risultano puliti, come la biancheria del letto e del bagno. La struttura offre un kit di cortesia standard, e a discapito degli infissi la camera è assolutamente silenziosa. Il must dell'hotel è la terrazza al sesto piano dove è disposta l'area colazione ed è possibile avere una vista dall'alto del lido pescarese. Nota dolente, un numero insufficiente di personale per il servizio della clientela (1), la limitata offerta e varietà della colazione (sia dolce che salata). Forse quello che una volta era un fiore all'occhiello per le strutture ricettive pescaresi, oggi appare solamente un nobile decaduto.

Sono stata qui ospite per un evento, altrimenti leggendo le recensioni non ci sarei mai venuta. E avrei fatto bene. Bellissimo palazzo, splendida posizione davanti al mare, assolutamente sprecati per sale comuni e stanze risalenti agli anni ‘80 dello scorso secolo e che dovevano essere già squallide allora. Moquette per terra e sulle pareti, cosa mai vista. La stanza non pareva sporca, ma il cuscino era talmente puzzolente che ho dovuto metterci sopra un asciugamano per vincere lo schifo e provare a dormire. La sala per la colazione, all’ultimo piano, è grande e luminosa, con una terrazza e una bella vista sul mare. La qualità della colazione è però abbondantemente sotto il livello della sufficienza. La cameriera, con la sala praticamente vuota (e ti credo), dopo aver preso l’ordinazione di un caffè e un cappuccino si è dovuta fermare a scrivere, lamentandosi, perché sennò la terza ordinazione non l’avrebbe ricordata